18.2.15

ANALOGIA V - PRIGIONIA, ISTRUZIONI

Camminare con la schiena dritta, lavarsi i denti e farsi la barba per non cominciare a morire.

Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947, ed. Einaudi, pagg. 35, 36.
«Il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie […] siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma una facoltà ci è rimasta e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso. Dobbiamo quindi, certamente, lavarci la faccia senza sapone, nell’acqua sporca, e asciugarci nella giacca. […] Dobbiamo camminare diritti, senza strascicare gli zoccoli, non già in omaggio alla disciplina prussiana, ma per restare vivi, per non cominciare a morire.»
Kurt Vonnegut, Mattatoio n.5 o La crociata dei bambini, 1966, Feltrinelli, trad. Luigi Brioschi, pag. 136.
«Ciò che disse l’inglese su come fare per sopravvivere era questo: “Se smetterete di essere fieri del vostro aspetto, morirete molto presto”. Disse di avere visto molti uomini morire in questo modo: “Hanno smesso di stare dritti, poi hanno smesso di farsi la barba e di lavarsi, poi hanno smesso di alzarsi dal letto, poi hanno smesso di parlare e alla fine sono morti […]”.»

ANALOGIA IV - BOOM!

Far esplodere un edificio.

Luciano Bianciardi, La vita agra, 1962, ed. Bompiani, pagg. 158, 50.
«Quassù io ero venuto […] per distruggere il torracchione di vetro e cemento, con tutte le umane relazioni che ci stanno dentro. […] Chiedevo informazioni tecniche sulla struttura dell’edificio […] Non si poteva, perforando qualche muro divisorio, far giungere il tubo fin sotto il tavolo dell’amministratore delegato, in modo che lo scoppio partisse proprio di lì?»

Chuck Palahniuk, Fight club, 1996, ed. Mondadori, trad. Tullio Dobner, pagg. 8, 9.
«Dunque Tyler e io siamo sul Parker-Morris Building […] Fra nove minuti il Parker-Morris Building non ci sarà più. Se hai abbastanza gelatina esplosiva e la spalmi ben bene sui pilastri delle fondamenta di una costruzione, puoi tirar giù qualsiasi palazzo del mondo.»

Francesco Maino, Cartongesso, 2014, ed. Einaudi, pag. 175 - Contributo di Michele Orti Manara (nepente.net)
«Sta di fatto che non sarei mai diventato un vero avvocato-topo tra gli avvocati-topi veri di Serenissima: se lo fossi diventato, a quest'ora me ne starei in carcere. A scontare una pena non inferiore ad anni diciotto (18), posto che avrei già fatto l'unica cosa che andava fatta [...] avrei cioè già fatto saltare colla dinamite o col tritolo il tribunale di Serenissima [...]»


Conseguenze.

Luciano Bianciardi, La vita agra, pagg. 160,161,162.
«Spariranno quindi le attività terziarie, e poi anche le secondarie […] Il lavoro si sarà per noi ridotto quasi a zero, vivendo dei frutti spontanei della terra e di pochissima coltivazione. Saremo vegetariani, e ciascuno avrà gli arredi essenziali al vivere comodo, e cioè un letto […] Vedremo automobili ferme per la via, senza più carburante, e le abbandoneremo ai giochi dei bambini, ai quali però nessuno dovrà dire che cosa erano, a che cosa servivano quelle cose un tempo […] Ovunque cresceranno vigorose erbe e piante, in breve l’asfalto si tingerà tutto di verde, con immediato miglioramento del clima.»

Chuck Palahniuk, Fight club, pag. 132.
«Immaginati […] a far la posta all’alce dalle finestre dei grandi magazzini tra file puzzolenti di splendidi abiti da sera e smoking che vanno in malora appesi alle loro grucce, porterai indumenti di pelle che ti dureranno fino all’ultimo dei tuoi giorni […] Come Jack sulla pianta di fagioli, sbucherai dalla volta gocciolante della foresta e l’aria sarà così tersa che vedrai figure minuscole battere il granturco e disporre a essiccare strisce di carne di cervo nella corsia d’emergenza vuota di una superstrada abbandonata che si allunga, larga otto corsie e torrida ad agosto, per mille chilometri.»

Francesco Maino, Cartongesso, 2014, ed. Einaudi, pag. 175 - Contributo di Michele Orti Manara (nepente.net)
«[...] eliminare fisicamente dalla faccia della terra almeno duecento (200) pericolosi capi-colonia in giacca e cravatta che, a piede libero, sono il motivo per cui migliaia di persone della strada, persone perbene, vengono continuamente contagiate, infettate, tradite e defraudate in un modo che definirei sconcio e impietoso, senza che nessuno possa metter un freno a questo andazzo


ANALOGIA III - NASCONDERE LE PROPRIE ORIGINI

Viso doppio e triplo

Ippolito Nievo, Emanuele, 1852, ed. Marsilio, pagg. 100, 105.
«Giosuè: Dunque?
Emanuele: Dunque ho deciso.
Giosuè: Hai ben pensato? Hai ben ponderato il pro ed il contro?
Emanuele: Sì, ho visto tutto – ma so ancora che l’opinione individuale è sacra, che io sono padrone di essere Ebreo, Turco e quel che più mi accomoda […] E poi ve l’ho già detto: voglio prima essere conosciuto nel mondo! Voglio conquistare la sua stima! Quando sarà tempo non avrò nessuna difficoltà a dire ai miei simili – Guardate, colui che voi proclamaste buono, generoso, benefico… colui è un Ebreo!
Giosuè: Risponderanno: tanto peggio per tante belle virtù, se sono andate ad accovacciarsi nell’anima d’un Ebreo!»

William Faulkner, Luce d’agosto, 1939 ed. Mondadori – I Capolavori della medusa. Trad. Elio Vittorini. Pagg. 180, 181, 201.
«Anche lui si era spogliato e giaceva nudo accanto a lei […] Alla fine disse:
“Hai notato i miei capelli, la mia pelle?” E aspettò la risposta passando lenta la mano sul corpo di lei.
“Sì” gli rispose lei sottovoce. “Ho pensato che forse eri uno straniero. Che non eri di queste parti.”
“Non è questo. È ben altro. Molto più che se fossi uno straniero. Non puoi indovinarlo…”
“Come altro?”
“Indovina.”
[…]
Essa ripeté la domanda. E allora egli disse: “Ho del sangue negro”.»

Boris Vian, 1946, Sputerò sulle vostre tombe, ed. Mondadori. Trad. Stefano Del Re. Pagg. 9, 28, 29.
«Avrebbe dovuto funzionare, doveva funzionare. Guardavo le mie mani sul volante, le dita, le unghie. Nessuno avrebbe trovato niente da ridire. Nessun rischio da quel lato. […] Non avevo più nessuna preoccupazione per la mia faccia. Non era possibile sospettarlo. Dexter mi ha fatto venire i brividi durante uno dei nostri ultimi bagni. Stavo facendo l’imbecille, nudo, con una delle ragazze, che lanciavo in aria facendola rotolare sulle braccia come un poppante. [Dexter] ci osservava, da dietro, steso sul ventre […] e mi disse: “Non sei fatto come gli altri, Lee, hai le spalle cadenti come quelle di un pugile negro”. […] Quella sera mi sono guardato allo specchio e mi sono messo a ridere, a mia volta. Con quei capelli biondi, la pelle bianca e rosa, non rischiavo proprio nulla. Li avrei fregati tutti.»

Romain Gary, La vita davanti a sé, 1975, ed. Neri Pozza. Trad. Giovanni Bogliolo. Pag. 68
«Ho i capelli scuri, gli occhi azzurri e non ho il naso ebreo come gli altri arabi, avrei potuto essere qualunque cosa senza essere costretto a cambiare faccia».

Benjamin Tammuz. Il Minotauro, 1989, ed. e/o. Trad. Antonio Di Gesù. Pag. 161
«Aveva notato che gli arabi non capivano se era israeliano o un turista, e così stava attento a farsi registrare negli alberghi con un passaporto straniero, uno di quelli che aveva sempre con sé; e ai suoi interlocutori arabi raccontava che da ragazzo aveva studiato l'arabo in una università europea ed era già venuto in Palestina ai tempi del mandato britannico».

Philip Roth, La macchia umana, 2000, ed. Einaudi. Traduzione: Vincenzo Mantovani. Pagg. 116, 120, 131, 132.
«Coleman era uno dei più chiari di pelle tra le matricole più chiare del suo corso, ancora più chiaro del suo compagno di stanza, che aveva più o meno il colore del tè […] Poteva mentire anche sulla razza. Poteva scegliersi la pelle che voleva, attribuirsi il colore che preferiva. […] Non poteva permettere che le sue prospettive fossero ingiustamente limitate da una cosa così arbitraria come la razza. […] Lungi dall’esserci qualcosa di sbagliato nella sua decisione di identificarsi come bianco, era la cosa più naturale per uno con le sue prospettive, il suo temperamento, e il colore della sua pelle.»

Ray Bradbury, Il pigiama del gatto, 2004, ed. Mondadori. Trad. Pag 24
«Per Walter tutto quadrava: l'uomo bianco che lavorava al sole diventava nero, quindi il ragazzo nero che si nascondeva al buio diventava bianco. Era una certezza, era una cosa ragionevole. Se una causa produceva un certo effetto, la causa opposta avrebbe prodotto l'effetto contrario, no? Era rimasto nella soffitta fino a quando la fame lo aveva costretto a scendere. Era sera e brillavano le stelle. Si era guardato le mani: sempre scure.»

Andrew Sean Greer, La storia di un matrimonio, ed. Adelphi. Trad. Giuseppina Oneto. Pagg. 64, 65.
«All’epoca davo la colpa alle zie di Holland. Dicevano di venire dalle Hawaii, di discendere, per parte di padre, dalla figlia di un capitano delle Indie occidentali e da un nipote del Capitano Cook; quella simpatica e improbabile leggenda dava loro un’idea di distinzione. Si consideravano a sé rispetto alla loro razza […] Mi ricordo che durante una delle prime cene a cui le ho invitate mi hanno detto: “Avremo anche avuto un antenato africano quattro o cinque generazioni fa, ma come vedi il sangue europeo lo ha annacquato”. Ascoltavo stupefatta, quasi ammirata. Che incantevole illusione, credere di potersi lasciare i problemi razziali alle spalle.»

ANALOGIA II - STRESA

Può un comune di 5.226 abitanti essere fra le città più letterarie d’Italia?


Ernest Hemingway, Addio alle armi, 1929, ed. Mondadori, trad. Fernanda Pivano, pag. 239
«Lo avevo conosciuto quando ero stato a Stresa un’altra volta fuori stagione e giocando a biliardo avevamo bevuto champagne.»

Alberto Moravia, Gli Indifferenti, 1929, ed. Bompiani, Cronologia, pag XXXVI
«Moravia parte per Milano per portare il romanzo a Cesare Giardini […] Pensando a una risposta in breve tempo, soggiorna a Stresa sul Lago Maggiore per un mese.»

Bernard Malamud, Il barile magico, 1958, minimum fax, trad. Vincenzo Mantovani, pag. 136. [Contributo di Daniele Manusia; twitter: @DManusia]
«Avvicinandosi a Stresa, dopo una rapida occhiata stupita al Lago Maggiore, Freeman, amante della natura fin dalla più tenera infanzia, tirò giù la valigia dalla reticella e scese dal treno in fretta e furia. Si sentì subito meglio.»

Luciano Bianciardi, La vita agra, 1962, ed. Bompiani, pag. 35
«Promozione, diceva il marito, ma non ci credeva nemmeno lui, perché restando su al torracchione di vetro e alluminio, chissà quanti altri convegni avrebbe fatto, a Bordighera, Stresa, Riccione, e conosciuto tanta gente utile, tanti tecnici del suo ramo, persino americani.»

Mario Soldati, Lo smeraldo, 1974, ed. Mondadori, pag. 31
«Gliel’ho detto, mi pare, che da parte di mio padre la famiglia era di origine ticinese. E così, ho sempre parlato la vostra bella lingua. Naturalmente, conosco benissimo Milano, Venezia, Roma, San Remo, Stresa

Davide Orecchio, Stati di grazia, 2014, ed. il Saggiatore, pag. 195
«Pensa di farla felice e pensa baci, risvegli, passeggiate sul mare e oggi entra nella palestra di via Stresa e chiede di Jutta, che lavora lì.»

ANALOGIA I - OSWALD SPENGLER

Filosofo tedesco. Autore de Il tramonto dell’Occidente. Le sue opere suscitarono violente controversie. Gli scrittori in elenco si limitano a citarlo, forse perché intimoriti dalla sua figura. Come in un fumetto dove si inscena la lotta fra il super-eroe e il suo contrario, Spengler annovera fra i suoi massimi detrattori l’economista Otto Neurath, noto come l’Anti-Spengler.


Henry Miller, Tropico del Cancro, 1934, ed. Mondadori – I Capolavori della medusa, trad. Luciano Bianciardi-Guido Almansi, pag. 10.
«Penso a Spengler, ai suoi terribili pronunciamientos, e mi chiedo se lo stile, lo stile alla maniera grande, non sia finito.»

Jack Kerouac, Sulla strada, 1957, ed. Mondadori – I Capolavori della medusa, trad. Magda de Cristofaro, pag. 184.
«Ci vorrebbe una notte intera a raccontare del vecchio Bull Lee […] A Istanbul si faceva strada in mezzo ai capannelli degli oppiomani e dei rivenditori di tappeti, in cerca di avvenimenti. Negli alberghi inglesi leggeva Spengler e il Marchese de Sade.»

Saul Bellow, Herzog, 1964, ed. Mondadori, trad. Letizia Ciotti Miller, pagg. 353, 112-113.
«Ed io stavo in cucina le notti d’inverno, a studiare Il tramonto dell’Occidente […] Spengler, i luoghi comuni della visione del mondo quale Terra Desolata […] No. L’analogia del tramonto e la caduta del mondo classico non varrà per noi.»

Nicola Lagioia, Occidente per principianti, 2004, ed. Einaudi, pag. 246.
«Non esco di casa da più di un mese, e nei momenti di noia, dopo anni, torno a leggere Il tramonto dell’Occidente un vero best seller degli anni Venti.»

Roberto Bolaño, 2666, 2004, Adelphi edizioni (2007), pag. 831
«Una sera, mentre sorvegliava la porta del bar in Spengler-strasse, si levò una voce femminile, dal buio, a pronunciare il suo nome.»

Francesco Pacifico, Storia della mia purezza, 2010, ed. Mondadori, pag. 15.
«Federica, capolavoro pedagogico, era arrivata dove mamma sperava, a fare la scrittrice abbastanza famosa: giornali, cataloghi d’arte, romanzi con tramonti dell’Occidente e organi genitali grondanti […]»